Paolo Mezzadri è un personaggio, di quelli che a Cremona ne trovi pochi per generazione, e li scopri in modi o in situazioni improbabili, e allora è un bel momento.
E’ uno di quelli che non puoi e non vuoi definire, uno semplicemente senza cravatta, che vuol dire che il suo mondo lo disegna solo a partire dalle sue sensazioni e al di fuori di qualunque schema preordinato e convenzionale.
Qualche decennio fa il designer è stato definito “uno spacciatore di piaceri progettuali”, e in questa accezione il nostro è un vero e proprio pusher di emozioni, di pulsioni da interpretare, di ossessioni o forme maniacali, di arte da consumare con ironia o di materia da stravolgere con un pensiero non impegnativo ma mai banale. E spudoratamente cerca di coinvolgere gli altri, pensa paesaggi urbani in cui la gente ha un ruolo ma deve trovarselo.
In qualche profilo è definito designer, ma non ha quella cultura specifica, piuttosto ha la facilità nella pratica di organizzare la materia in un processo produttivo, anche se continua ad affermare contraddittoriamente che i suoi sono pezzi unici, in bilico sul sottile confine tra artigianato e arte. E i riferimenti culturali riscontrabili nel suo lavoro sono tanti: dalle avanguardie artistiche occidentali del ‘900 al costruttivismo russo, da Calder a Munari, da Bruno Munari a Enzo Mari. Ma credo proprio che tutto ciò sia una sovrapposizione di chi osserva e cerca di capire, ad ancorarlo alla propria storia e consapevolezza disciplinare, mentre la sua espressione si genera con sana e pericolosa ingenuità al di fuori di tutto ciò. Il suo lavoro è monomaterico: “Creo articoli che mi danno molte emozioni, raccontano i miei sogni, le mie delusioni e le mie sofferenze, insomma, mi rappresentano. Nei miei pezzi vive di sicuro la mia anima, mi piace usare la lamiera, anzi “el ferr”, come lo chiamano dalle mie parti; dal “ferr” cerco di trovare soluzioni interessanti spiritose ed originali, mi piace utilizzarlo in forma grezza, senza troppi trucchi e ritocchi. Lui è così, con un sacco di difetti, di imperfezioni, nasce per dare movimento, velocità, sostanza”.
Mondo Padano 13 dicembre 2013